Giallo di Anguillara

In questi casi, almeno all’inizio, si parla sempre di “atto dovuto”. Mi riferisco all’iscrizione nel registro delle persone indagate a carico del fidanzato della sedicenne rinvenuta cadavere sulla battigia del lago di Bracciano la mattina del primo novembre scorso. Già, proprio il giovanotto che a quanto emerso finora avrebbe avuto l’ultimo contatto con la vittima ancora in vita. È bene chiarire fin da subito che l’iscrizione su tale registro non significa che l’indagine sia a una svolta, per il momento significa solo dare la possibilità agli inquirenti di esperire taluni accertamenti anche di polizia scientifica, come ad esempio compiere delle analisi sull’automobile utilizzata quella notte. Oppure cercare di individuare dove si trovasse il soggetto in una data ora attraverso l’analisi delle celle telefoniche cui si sarebbe agganciato il suo telefono cellulare (sono numerosi i casi giudiziari in cui si è animatamente dibattuto sul cosiddetto azimut, cioè, semplificando, l’angolo di direzione da cui un apparecchio telefonico può agganciare - per motivi qui lunghi da spiegare - anche una cella più distante). Il punto che invece a me interessa evidenziare riguarda i presunti maltrattamenti subiti in passato dalla vittima proprio per mano dal fidanzato, così come avrebbero riferito i genitori della giovane agli inquirenti e come riportato dal quotidiano “Il Messaggero” edizione online di martedì 6 novembre 2012. Questo a mio avviso è un passaggio che va scansionato attentamente, anzi, per la precisione, sono fenomeni i quali dovrebbero essere trattati con meno superficialità all’origine, cioè non appena emergono.