LEGGE 1 ottobre 2012, n. 172

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, emanata a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n.235 dell'8 ottobre 2012. Entrata in vigore del provvedimento 23.10.2012. Due importanti novità della norma riguardano l'introduzione di altrettanti due nuovi reati, l'istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (articolo 414 bis Codice penale) e l'adescamento di minorenni (articolo 609-undecies Codice penale). Il primo prevede la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni. Il secondo, che definisce l'adescamento di minore come “qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete Internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”, prevede la reclusione da uno a tre anni. La ratifica della Convenzione comporta inoltre l'inasprimento delle pene riguardo molti altri reati legati sempre al fenomeno dell'abuso sessuale e maltrattamenti in ambito familiare.

Giallo di Anguillara

In questi casi, almeno all’inizio, si parla sempre di “atto dovuto”. Mi riferisco all’iscrizione nel registro delle persone indagate a carico del fidanzato della sedicenne rinvenuta cadavere sulla battigia del lago di Bracciano la mattina del primo novembre scorso. Già, proprio il giovanotto che a quanto emerso finora avrebbe avuto l’ultimo contatto con la vittima ancora in vita. È bene chiarire fin da subito che l’iscrizione su tale registro non significa che l’indagine sia a una svolta, per il momento significa solo dare la possibilità agli inquirenti di esperire taluni accertamenti anche di polizia scientifica, come ad esempio compiere delle analisi sull’automobile utilizzata quella notte. Oppure cercare di individuare dove si trovasse il soggetto in una data ora attraverso l’analisi delle celle telefoniche cui si sarebbe agganciato il suo telefono cellulare (sono numerosi i casi giudiziari in cui si è animatamente dibattuto sul cosiddetto azimut, cioè, semplificando, l’angolo di direzione da cui un apparecchio telefonico può agganciare - per motivi qui lunghi da spiegare - anche una cella più distante). Il punto che invece a me interessa evidenziare riguarda i presunti maltrattamenti subiti in passato dalla vittima proprio per mano dal fidanzato, così come avrebbero riferito i genitori della giovane agli inquirenti e come riportato dal quotidiano “Il Messaggero” edizione online di martedì 6 novembre 2012. Questo a mio avviso è un passaggio che va scansionato attentamente, anzi, per la precisione, sono fenomeni i quali dovrebbero essere trattati con meno superficialità all’origine, cioè non appena emergono.

La mediazione obbligatoria

La norma sulla mediazione obbligatoria è stata dichiarata incostituzionale. Di fatto, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.Lgs 4 marzo 2010, n.28 per eccesso di delega legislativa, nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione (cfr. Comunicato stampa dal Palazzo della Consulta, 24 ottobre 2012). La questione era stata sollevata dal TAR del Lazio poiché l’introduzione della mediazione obbligatoria non trova una rispondenza nella legge delega, con conseguente violazione dell’articolo 77 della Costituzione. Mi auguro che questo “stop” possa servire anche a rivedere il contenuto della norma stessa, proprio nella parte in cui conferisce la possibilità di esercitare come mediatore a (quasi) chicchessia. Sono d’accordo con chi sostiene che per esercitare come mediatore bisogna avere un minimo di conoscenze e competenze giuridiche, ma, aggiungo, anche inerenti all’area psicologico-sociale. Inevitabilmente tutte acquisibili in ambito accademico. Invece come spesso accade, in Italia non si legifera secondo razionalità per il bene comune, ma in base al potenziale ritorno elettorale. Del tipo: accontentiamo questa o quella categoria professionale e ragionevolmente ci assicuriamo un certo numero di simpatizzanti. Tentare di mediare un conflitto (sociale) è una cosa seria, è una professione che non si può farla intraprendere a (quasi) chiunque solo perché si è frequentato un corso di qualche ora.