Giustizia e riforme

LeggeLa sentenza di appello concernente il cosiddetto caso Ruby, ovvero la vicenda giudiziaria che vede coinvolto l’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, oltre ad aver ravvivato tutta una serie di polemiche in ambito politico e giudiziario, nonché crearne di nuove (ANSALa Stampa), ha anche indotto alcuni a riportare alla luce quella proposta di riforma che vedrebbe eliminare la figura del GIP (giudice delle indagini preliminari) per dare spazio a un qualcosa di simile ma in composizione collegiale. Leggi tutto


Infatti, come rilevano in molti, l’assoluzione in appello di Berlusconi è così maturata proprio perché due giudici su tre, quindi a maggioranza e non all'unanimità, hanno deciso in tale direzione. E dunque si pensa che se nella fase delle indagini preliminari a decidere sulla sorte di un indagato siano tre giudici (invece di uno), allora probabilmente si eviterebbero diversi errori giudiziari o comunque non si darebbe corso a tanti procedimenti che oggi di fatto finiscono in assoluzioni.


Ebbene, perché questa dovrebbe rappresentare la corretta soluzione giuridica? Evidentemente perché taluni ritengono che i GIP, spesso o “quasi sempre”, si appiattiscono sulla teoria accusatoria con estrema facilità senza invece esercitare essi stessi quella funzione di filtro tra accusa e difesa così come volle il legislatore quando istituì questa figura processuale. Ma se le cose stanno in questo modo, mi permetto di osservare (così come ho già fatto in altre circostanze) che pur condividendo l’ipotesi di riforma orientata verso la figura del “GIP collegiale”, credo tuttavia che il problema sollevato non è per nulla risolto, e mi spiego.


Prendiamo ad esempio i piccoli tribunali, la maggior parte nel nostro Paese, se oggi i GIP spesso si appiattiscono sulla linea del PM, e ciò per tutta una serie di ragioni qui lunghe da tradurre, perché questo non dovrebbe accadere anche dopo, cioè con l’istituzione di un collegio giudicante? Infatti, non solo poco cambierebbe rispetto ad oggi, ma anzi in tal modo e in quella fase processuale si formerebbe un giudicato, anche se in seguito riconosciuto come erroneo, ancora più incisivo e difficoltoso da scardinare. Allora, ripeto e termino, ben venga l’istituzione del “GIP collegiale”, ma composto da magistrati diversi dalla rosa che quotidianamente si rapporta con la procura, e dunque tale riforma la vedo bene ma se orientata un po’ come oggi avviene per il riesame, ovverosia un collegio giudicante estraneo a quella stessa realtà giurisdizionale dove si formano gli atti d’accusa.