Disturbo di personalità

EmisferoQualche riflessione sul disturbo di personalità. Tale problematica riguarda in genere le modalità e dunque la capacità di percepire, reagire e relazionarsi con le altre persone e gli eventi più in generale. Ne deriva quindi che nell'individuo affetto da questo sintomo dette prerogative si riducono sensibilmente con la seria conseguenza per il medesimo di avere rapporti sociali diversamente efficaci e soddisfacenti, sia per se stesso, sia, contestualmente, per chi con egli è in qualche modo costretto a relazionarsi. Normalmente le persone in grado di adattarsi efficacemente alle diverse situazioni della vita tendono ad assumere una modalità alternativa nel momento in cui lo stile abituale risulta inefficace; viceversa, gli individui con disturbo di personalità sono rigidi e tendono dunque a rispondere in maniera inadeguata ai problemi del quotidiano, fino al punto che le relazioni con familiari, amici e colleghi di lavoro o di altro interesse, diventano assai difficili e soprattutto conflittuali, oppure queste relazioni sono addirittura recise di netto. Ciò premesso, poiché i soggetti con un disturbo di personalità non ritengono che il proprio comportamento sia un problema, è bene che gli stessi siano messi puntualmente a confronto con le conseguenze negative dei loro pensieri e comportamenti disfunzionali. Pertanto chi ha a cuore tali persone, può in questa direzione fare qualcosa, meglio ancora se in accordo e su direttive di un esperto della materia.

Sistema di antitaccheggio

videosorveglianzaCon riferimento all'articolo 4 (Impianti audiovisivi) della Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), recante «Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento»; le telecamere di sorveglianza installate, nel caso in esame, nell'ipermercato non possono essere poste sotto il diretto controllo del responsabile del punto di vendita. Infatti, tale ipotesi potrebbe tradursi in un illecito controllo diretto sull'attività del lavoratore poiché compiuta proprio da chi invece è titolare dell’azione disciplinare (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 2773/2015. Depositata in Segreteria il 5 giugno 2015).

Peculato d’uso

Qualche breve riflessione a proposito di peculato d’uso. Vale a dire del reato previsto e punito dall'articolo 314 del Codice penale, e cioè quando “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria”. Vasta è la produzione giurisprudenziale che negli anni ha trattato il tema in oggetto, ma nel caso in esame porto ad esempio l’uso del telefono di istituto (immaginiamo cellulare) da parte del pubblico funzionario per fini privati.

A tal proposito, la Corte di Cassazione (Sezioni Unite penali, sentenza 2 maggio 2013, n. 19054) ha sancito che l’uso per fini personali del telefono assegnato per esigenze di ufficio integra sempre una condotta illecita. Questo perché l’agente distoglie il bene fisico (costituito dall'apparecchio telefonico di cui ha il possesso per ragioni di ufficio) dalla sua destinazione pubblicistica, utilizzandolo dunque per finalità personali, ed essendo del tutto irrilevante il fatto che il bene stesso non fuoriesca materialmente dalla sfera di disponibilità della pubblica amministrazione.

Procreazione assistita

PMAIn tema di procreazione assistita connessa al rischio di trasmissione delle malattie genetiche, è incostituzionale il divieto della diagnosi pre-impianto. Infatti, sussiste un insuperabile aspetto di irragionevolezza dell’indiscriminato divieto all'accesso alla procreazione medicalmente assistita, con diagnosi pre-impianto, da parte di coppie fertili affette da gravi patologie genetiche ereditarie, suscettibili di trasmettere al nascituro rilevanti anomalie o malformazioni.


«Vale a dire che il sistema normativo […] non consente (pur essendo scientificamente possibile) di far acquisire “prima” alla donna una informazione che le permetterebbe di evitare di assumere “dopo” una decisione ben più pregiudizievole per la sua salute».


Ne deriva pertanto anche una manifesta violazione dell’articolo 32 della Costituzione per il mancato rispetto del diritto alla salute della donna (cfr. Corte costituzionale, Sentenza n. 96/2015. Udienza Pubblica del 14.4.2015. Decisione del 14.5.2015. Deposito del 5.6.2015. Norme impugnate: Artt. 1, c. 1° e 2°, e 4, c. 1°, della Legge 19.2.2004, n. 40).

Immagine di sé

CervelloQualche breve riflessione sulla patologia dell’immagine di sé. Quando ci si imbatte in soggetti con gravi criticità psicologiche è sempre estremamente complicato convincerli dello status in cui vertono e che dunque dovrebbero rivolgersi ad uno specialista. In genere tale loro condizione li rende insicuri e insoddisfatti di se stessi fino al punto di assumere atteggiamenti che mettono a rischio sia la vita familiare, sia quella socio-relazionale più in generale. Questi soggetti di solito raccontano bugie (più o meno gravi) allo scopo di apparire grandi, ovvero di tentare di far passare l’idea all'esterno di essere i primi in assoluto su tutto e su tutti. In sostanza amano sentirsi dire che si è bravi, buoni, generosi e che lavorano tanto. Allo stesso tempo questi soggetti fanno promesse che non riescono a mantenere e dunque alla fine sono costretti a ingannare gli altri e se stessi innanzitutto. È evidente quindi come questi personaggi riescano con estrema facilità a procurarsi nemici in ogni meandro della società. È altrettanto evidente che una patologia del genere è complessa e soprattutto di non facile guarigione, poiché di solito per la persona che ne è affetta l’idea stessa di curarsi si pone come un’intollerabile umiliazione tale da indurre rabbia, aggressività, manifesta confusione e in alcuni casi grave depressione. Casi del genere sono appunto classificati come “una patologia dell’immagine di sé”, vale a dire una patologia che in psicoanalisi assume il nome di “ideale dell’Io” (Freud 1914), cioè quel sentimento e quella percezione di se stessi che si vorrebbe avere per sentirsi adeguati alla situazione specifica e alla società più in generale. In conclusione, la patologia appena descritta è una miscela micidiale composta di tre elementi: megalomania (cioè la mania di grandezza); mitomania (ossia la mania di mentire a scopo di esaltazione psicologica di sé); narcisismo (che ha raggiunto e notevolmente oltrepassato il ragionevole limite di tollerabilità sociale).