Bocciato il piano nomadi

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato, con la Sentenza 16 novembre 2011, n. 6050, ha confermato la bocciatura del cosiddetto piano nomadi a suo tempo istituito dalla Presidenza del consiglio dei ministri. Infatti, sono state accolte le ragioni dell’associazione European Roma Rights Centre Foundation e di altri due cittadini di etnia rom. Con tale decisione il Collegio ha rigettato il ricorso proposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero dell’Interno, dal Dipartimento della protezione civile e dalle prefetture di Roma, Milano e Napoli contro la sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Prima, n. 6352/2009, decisa il 24 giugno 2009 e depositata l’1 luglio 2009 (leggi), la quale aveva già in parte emesso una prima decisione favorevole alla suddetta associazione. In particolare i giudici di Palazzo Spada hanno posto l’accento sul fatto che non sussistono sufficienti motivazioni per decretare lo stato di emergenza, basato su un pericolo più paventato che reale. Da ciò scaturisce altresì la decadenza delle ordinanze presidenziali di nomina dei commissari delegati per l’emergenza e atti successivi.

Espulsione e pericolosità sociale

La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 24389 del 18 novembre 2011, ha rilevato che affinché ricorrano le condizioni d’espulsione del cittadino extracomunitario, è essenziale che al momento del provvedimento sussista la reale pericolosità sociale del soggetto in questione. Nel caso di specie, i giudici del palazzaccio hanno accolto il ricorso presentato da un nordafricano che aveva scontato in Italia una pena detentiva per associazione per delinquere finalizzata ad attività terroristica. Nel provvedimento di espulsione si evidenziava che la decisione non era maturata tanto dal fatto che l’uomo non avesse la documentazione che gli consentiva di fermarsi nel nostro Paese, tanto sulla sua pericolosità sociale, ma senza specificare, appunto, che era stato condannato per reati di terrorismo internazionale. Infatti, tale specifica motivazione non era stata annotata nel provvedimento stesso, né tanto meno vi era l’identificazione del condannato all’interno di una delle categorie di persone pericolose indicate oggi dal “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione”, di cui al D.Lgs 159/2011.